In questa sezione potrete scoprire e conoscere in maniera specifica ed approfondita le origini della civitas di Vigiliae: un interessante viaggio dalla Preistoria ai giorni nostri.
Preistoria ed Epoca Classica
Il territorio fu abitato in epoca preistorica, come attestano i reperti delle grotte di S.Croce (paleolitico medio), conservati nel Museo Civico e nei Musei Archeologici di Bari e Taranto. Monumenti notevoli sono i cinque dolmen megalitici dell’età del bronzo
(3000-1000 a.C.), scoperti ai primi del secolo (dolmen della Chianca, di Frisari, di Albarosa, dei Paladini e di Giano), che formano, nel loro insieme, uno dei maggiori insediamenti preistorici d’Europa.
In epoca romana la zona fu un locus di transito della via Traiana (di cui si conserva, in un’aiuola della piazza principale, il miliario CXII). I Romani la cinsero di mura e vi costruirono sette torri di guardia, da cui deriva il nome Vigiliae.
Età Medievale
In epoca longobarda si ha notizia dell’esistenza di un nucleo abitato lungo la costa (sec. VIII), detto Biscilia ma solo con la conquista normanna il borgo contadino marinaro assume la fisionomia di civitas, cingendosi di mura e di un’alta torre (pop. Torre Maestra), per iniziativa del conte normanno Pietro I verso il 1060, il quale accoglie numerose genti dei casali, che vi si rifugiano per sfuggire alle incursioni dei Saraceni.
Nell’Alto Medioevo si formano nell’agro nove casali (villaggi): Giano, Pacciano, Sagina, Zappino, S. Nicola, Cirignano, Salandro, S. Stefano e S. Andrea. La popolazione stanziale, raggruppata nei casali che costellano l’entroterra, è per lo più di stirpe longobarda ed è dedita all’agricoltura. Ma l’instabilità politica ed il relativo benessere, la crescita demografica, la pericolosità della campagna, accentuata dal divampare della lotta tra le masnade normanne e la maggiore sicurezza della città cinta dalle mura, la presenza ora di nuove autorità, incentivano una vera e propria ondata migratoria: rappresentate e guidate dai notabili e dal clero, le comunità di villaggio stringono accordi col vescovo, acquisendo la cittadinanza e trasferendosi a Vigiliae – Bisceglie, ove portano con se i propri santi patroni e costruiscono moderni quartieri intorno a nuovi edifici di culto.
Il normanno Pietro tenta di conquistare Trani e il suo distretto, ma i tranesi – sudditi dell’Impero bizantino – non ne vogliono sapere di sottomettersi. Pietro allora occupa i centri circostanti e li fortifica. Poichè Bisceglie dista solo quattro miglia ed è il presidio più vicino al campo di battaglia, diventa base operativa del conflitto. Si spiega così l’origine del vescovato: nessuna delle città fortificate ha vescovo perchè tutte dipendono da Trani. Scelta Bisceglie come suo quartier generale, Pietro promuove la nascita del vescovato nel clima di buoni rapporti col papa, che dal 1059, dopo lo scisma della Chiesa d’Oriente, fa leva sui Normanni per riportare i territori bizantini all’obbedienza della Chiesa cattolica. Da allora il carattere di città-fortezza e di città-chiesa non verrà mai meno nei secoli. In questi anni, la cittadina assume il nome ufficiale Vigiliae, e si fregia di uno stemma, in cui è effigiata una quercia.
Viene costituita la Diocesi, il cui primo vescovo fu un Giovanni (1063), con la costruzione della Cattedrale di S. Pietro, dal nome del Conte normanno, una delle prime cattedrali romaniche di Puglia (1073) e della chiesa di S.Adoeno (intitolata al Santo protettore di Rouen, capitale della Normandia) che si vuole edificata dagli stessi soldati normanni (1074) l’unica con questo titolo oggi in Italia, assieme a quella di Aversa, in seguito sono edificate San Matteo e San Nicolò di Porta Ensita.
Un nuovo elemento si aggiunge quindi nel definire la fisionomia della città-diocesi, cioè la presenza di quattro parrocchie (Cattedrale compresa), caso unico in Terra di Bari, che allargano il nucleo fortificato e riproducono il policentrismo del territorio. I nuovi quartieri infatti coincidono con le nuove circoscrizioni parrocchiali, ove i compatroni legati da stretti vincoli di parentela scelgono i propri sacerdoti ed amministrano in società le loro chiese, dotandole di patrimonio, arredi sacri, manuali liturgici. Ciascuna fa capo ad un rettore che assumerà titolo di abate e ruolo di guida del collegio canonicale (capitolo).
L’emergere della contea normanna di Andria sul finire dell’XI secolo segna il declino della mai nata “contea di Trani”, con sede provvisoria a Bisceglie. Peraltro, la proclamazione del regno normanno di Sicilia nel 1130 mette fine all’autonomia ed all’indipendenza delle città meridionali.
Nel secolo successivo, viene introdotto in città il culto dei tre Santi Patroni, Mauro, Sergio e Pantaleone, martirizzati secondo la tradizione nell’anno 117, i cui resti, rinvenuti nel casale di Sagina, sono trasportati in Cattedrale nell’anno 1167. Il vescovo Amando, già diacono nel vicino cenobio benedettino di Colonna, organizza la traslazione e ne scrive la storia, dando inizio alla edificazione della nuova Cattedrale che sorgerà sui resti della precedente e sarà ultimata e consacrata nel maggio 1295.
La città, che venera anche Sant’Antonio abate, patrono dei pescatori, fiorisce ora nei commerci, marittimi con l’Oriente: in una carta del 1211 si fa cenno a un accordo commerciale stipulato con Ragusa dalmata.
Gli Svevi intensificarono la rete preesistente di fortificazioni, costruendo castelli ex novo, ampliando o mantenendo in efficienza le vecchie fortezze. Nel 1197 la chiesa di S. Margherita fu fondata da Falco della famiglia Falconi, giudice alla corte di Enrico VI (padre di Federico II).La sua struttura è ripetuta nelle chiesette rurali di Giano, di Ognissanti, S. Angelo e nel casale di Pacciano ed è un chiaro esempio di arte romanico pugliese. Gli Svevi costruirono il Castello, di cui restano oggi in piedi tre torri e il muro di cinta.
Età Angioina, Aragonese e Spagnola
Sotto gli Angioini la cittè diviene feudo dei conti Del Balzo, che godono del favore del popolo e dei nobili. Durante la guerra di successione al regno di Napoli tra Luigi I d’Angiò e Carlo III di Durazzo, la città, avendo aperto le porte ai durazzeschi, subisce il sacco ad opera delle truppe francesi, ma poi custodisce in un tempietto (e di qui nella chiesa di S. Luigi) le spoglie del re Luigi, morto a Bisceglie per le ferite riportate in battaglia.
Giovanna II concede alla città il privilegio di armare galee nel suo porto ed esenta il popolo dal pagamento di forti tasse.
Sotto gli Aragonesi la città è feudo di G. Antonio Del Balzo Orsini, che prende parte ad un una congiura dei baroni contro il re: dopo alterne vicende belliche tra i baroni e il re si stipula un accordo di pace, firmato a Bisceglie nel settembre 1462.
Nel 1466 la lunga lotta tra l’Università (cioè il Comune) e il clero locale per l’abolizione di alcuni privilegi ecclesiastici in materia fiscale sfocia in una Convenzione; inaspritisi nuovamente i rapporti tra le parti, la città è colpita dall’Interdetto del papa Leone X, che pone fine ai contrasti.
Per fronteggiare l’incombente minaccia dei Turchi, il re Ferdinando I fa costruire l’attuale cinta di mura, adatta alle armi da fuoco (1490-92), che viene poi rafforzata con bastioni sotto gli Spagnoli. Nel 1499 Bisceglie, unita a Corato, è innalzata al rango di Ducato (Ducato di Bisselli e Quadrata) e assegnata in dote ad Alfonso d’Aragona, marito di Lucrezia Borgia. Dopo l’assassinio di Alfonso, il Ducato passa al figlio Rodrigo, ma, morto questi prematuramente, la città, dietro pagamento di un riscatto, ritorna nel Demanio (1513).
Sotto gli Spagnoli Bisceglie, per sottrarsi all’esoso dominio dei commissari regi e restare alle dirette dipendenze della Corona, paga più volte il riscatto, ottenendo così una maggiore autonomia amministrativa. Nel 1569 il commissario regio don Giovanni Martinez emana i Capitoli municipali per il governo della città , ma solo nel 1592, con l’acquisto delle mura, del Castello e di tutte le gabelle da parte dell’Università, l’autonomia amministrativa della città raggiunge la sua pienezza. Un’efficace opera di rinnovamento religioso e culturale svolge Pompeo Sarnelli da Polignano, vescovo della Diocesi dal 1692 al 1724 e letterato fecondo, autore, tra molti scritti, della prima storia cittadina.
Dal XIX secolo ai giorni nostri
Ai primi dell’800 la città vecchia, non più sufficiente a contenere la popolazione in continuo aumento, viene sventrata in più zone, con la costruzione di nuove vie e porte, aperte nel muro di cinta. La sede dell’Università (alla strada della Corte, oggi via 0. Tupputi) viene trasferita nel convento di S. Domenico, attuale palazzo municipale (1809). La città gravita ora intorno al largo del Palazzuolo che, donato all’Università da Francesco Del Balzo nel 1478 e ampliato con la cessione di orti privati nel 1810, diviene il nuovo centro urbano (oggi piazza Vittorio Emanuele II). Nel 1818 il vescovato, dopo circa otto secoli di vita, viene soppresso e unito all’Arcivescovato di Trani. Sin dal ‘700 nel bastione detto la Polveriera, sito presso la Porta principale della città, era sorto un grande Teatro, considerato uno dei maggiori del Regno napoletano. Nella prima metà dell’800, si affermò sulle scene del S.Carlino di Napoli la maschera di don Pancrazio Cucuzziello, detto Il Biscegliese. In campo musicale si sono distinti: Gaetano Veneziano, maestro e compositore nel ‘600, il flautista Sergio Nigri e il celebre chitarrista Mauro Giuliani nel ‘700.
Dopo l’Unità lega il suo nome all’apertura delle prime scuole pubbliche il sindaco Giuseppe Monterisi che cade ucciso nel generoso tentativo di stroncare il brigantaggio, antica piaga insieme col contrabbando, della nostra regione. Al tempo delle prime competizioni politiche post-unitarie, Bisceglie vede un gruppo di famiglie borghesi coalizzarsi in fazioni (i “bianchi” e i “neri”) in aspra lotta tra di loro; tra le figure politiche di rilievo, si ricorda il conte Giulio Frisari, Senatore del Regno. Tra gli episodi legati alle prime lotte operaie, ricordiamo un blocco della città (1907) e la clamorosa apertura della via della Stazione, dopo l’invasione dei terreni di proprietà Silvestris da parte di circa 300 contadini (1921).
Durante la prima guerra mondiale il contributo di sangue versato per la Patria è di 430 morti (con numerosi feriti e mutilati), in onore dei quali è eretto un Obelisco in piazza Vittorio Emanuele II, nell’anno 1924. I caduti della seconda guerra mondiale sono circa 300. Durante la guerra italo-greca, nell’inverno 1940-1, allo scopo di seguire da presso le operazioni militari, Mussolini fissa la sua residenza a Bisceglie, nella villa Angelica, mentre il Quartiere generale alloggia nella villa Ciardi. Nel dopoguerra, nel clima della risorta democrazia, è ripresa vivace la vita politica cittadina: a reggere il Comune si sono finora succedute in prevalenza amministrazioni formate dal partito di maggioranza relativa (Democrazia Cristiana) unito a partiti minori dell’area governativa. Notevole è stato lo sviluppo edilizio, urbano e rurale, dell’ultimo quindicennio.
In questo secolo tra i biscegliesi illustri ricordiamo: il Cardinale Donato Maria Dell’Olio, vescovo di Rossano e Benevento; Nicola Consiglio, magistrato, che partecipa al Concordato tra Stato e Chiesa (1929); don Pasquale Uva, fondatore della grande «Casa della Divina Provvidenza» per minorati psichici, che conta filiali a Foggia, Potenza, Guidonia e Tivoli, per un totale di circa 10 mila assistiti (presso l’Istituto fu eretta, nel 1953, la grande Basilica di S. Giuseppe); Vincenzo Calace, ingegnere, antifascista, che subì 13 anni di persecuzioni fra carcere e confino; Giuseppe Dell’Olio, insigne docente e scrittore.

L’etimologia del nome della città di Bisceglie è ancora oggetto di dibattimento tra gli studiosi: secondo una prima ipotesi esso rimanderebbe al latino Vigiliae e starebbe ad indicare le numerose torri di vedetta sparse sul territorio, infatti in latino Vigiliae significa guardia. Si ipotizza che in epoca romana Bisceglie-Vigiliae non fosse una vera e propria civitas, ma una stazione di servizio lungo la via Traiana e per di più un posto di avanguardia, quindi di difesa. Una seconda ipotesi invece rimanderebbe l’origine del nome al popolare Viscegliae che significa quercia e al termine Vescellae che indica una zona boscosa e avvallata.
Se si accettasse questa seconda ipotesi si potrebbe spiegare l’albero rappresentato sullo stemma cittadino, appunto un albero di quercia. Secondo la storiografia greca inoltre lungo le coste pugliesi emigrarono etnie greche denominate Pelagsi provenienti dalla regione dell’Arcadia. Essi in patria adoravano Giove Dodoneo, protettore di Dodona città dell’Epiro, nota per il suo oracolo rappresentato da un albero sacro: la quercia. E’ possibile che i coloni avessero esportato nelle colonie lo stesso culto e gli stessi simboli, per questa ragione il motivo della quercia è visibile nello stemma.
Nel 1528, Carlo V in segno di gratitudine per l’onore e la fedeltà dimostratagli dalla città di Bisceglie, concesse di apporre sullo stemma la corona aurea detta “cesarea” e di dipingere in oro l’albero di quercia sullo stemma rosso.
Erronea sarebbe l’ipotesi che Bisceglie avesse un altro stemma con l’effigie dei Santi Martiri anche perchè l’ invenzione delle loro ossa avvenne sotto il Vescovo Amando nel 1167.
In un decreto del Capo del Governo nel 1937, il Comune di Bisceglie fu definitivamente iscritto nel libro Araldico degli Enti Morali. Con lo stesso decreto fu approvato il Gonfalone così descritto: drappo di colore bianco bordato d’oro al palo sinistrato di rosso, attraversato da una banda abbassata dello stesso colore, caricato dello stemma civico, con iscrizione centrata “Città di Bisceglie”.

Si racconta che gli abitanti di Andria, Ruvo e Bisceglie si contesero le reliquie dei tre Santi, le quali furono poste su di un carro trainato da due giovenchi. Il diritto di custodire le spoglie sarebbe toccato alla città verso cui il carro si sarebbe diretto. La tradizione vuole che i giovenchi scivolassero nel terreno bagnato dalla pioggia a circa 4 km dalla città di Bisceglie in un luogo denominato da allora “Pedata dei Santi”, nel quale è ancora possibile vedere l’impronta lasciata sul terreno.
Inizialmente le sacre reliquie furono trasportate nella chiesa di S. Fortunato (odierna chiesa della Misericordia), in seguito nella chiesa di S. Bartolomeo, presso la Porta di Zappino ed infine il 30 luglio dello stesso anno, definitivamente nella Cattedrale, precisamente nella Cripta, realizzata con lavoro incessante in poco più di due mesi.